9 Maggio 2024
L'opinione

Il 27 gennaio tra memoria e storia. Una riflessione di Sonia Zaccaria

Sonia Zaccaria
Riceviamo e pubblichiamo una riflessione sull’importanza del Giorno della Memoria di Sonia Zaccaria, docente di Storia:

Il giorno della memoria è un’occasione per riflettere sulle cause di un doloroso passato e al tempo stesso consolidare le basi, attivarsi, perché nel presente e nel futuro le cause che generarono la Shoah non si ripresentino. Oggi è necessario più che mai fare memoria… Ricordare e trasmettere la memoria è un impegno arduo, soprattutto in una società immersa nel presente e dominata dalla velocità. Si avverte sempre più l’esigenza di non restare, in questa circostanza, nei recinti consolidati, prigionieri di parole e di modalità di trasmissione che appaiono paradossalmente necessarie ma al tempo stesso non del tutto efficaci quando ci si trova di fronte al compito non facile di raccontare ai giovani e ai giovanissimi. Questo passato è spesso da loro percepito come distante e poco decifrabile, ma è importante che la comunità si assuma il carico di trasmettere la memoria, perché questa è in realtà indispensabile per orientarsi nel mondo e implica scelte decisive per l’oggi. I testimoni diretti inevitabilmente diventano pochi e una parte dell’opinione pubblica considera la Shoah un evento lontano, che appartiene alla storia, che ha pochi rimandi nell’attualità e apparentemente non getta ombre sul futuro, su cui si ritiene incidano ben diverse problematiche.
Il riconoscimento della memoria e la condanna, apparentemente unanimi, risultano ad un esame più attento fragili, insidiati non tanto dal revisionismo o dal negazionismo quanto piuttosto dal male sottile dell’indifferenza e dal risorgere di nuovi venti, inconsapevoli del passato, dell’intolleranza, dell’odio e della discriminazione. Fra coloro che questa memoria vogliono custodire e farne discrimine affiora il dubbio che la questione non sia stata negli anni sempre proposta nella maniera più efficace, stimolando la ricerca di diverse modalità, soprattutto per affrontare la questione nelle scuole e tra i giovani. Una sfida che è sollecitata dal contrasto abbastanza stridente fra la diffusione di attività dedicate alla memoria della Shoah e l’aumento dei fenomeni di razzismo e di intolleranza, spesso anche apertamente antisemiti, che si registrano negli ultimi anni.
Le occasioni dedicate alla memoria sono state peraltro anche diversificate, perché sia istituzionali, sia nate nell’ambito scolastico, sia dalla società civile; numerose quelle affidate agli strumenti della creatività e dell’arte, in particolare cinematografica. Eppure gli esiti non sono del tutto incoraggianti. Naturalmente è probabile che i due fenomeni non siano strettamente correlati; lo sviluppo di movimenti razzisti, suprematisti, ultranazionalisti ha radici nei mutamenti indotti dalla globalizzazione, e atteggiamenti discriminatori e ricerca esasperata di identità nazionali spesso non sono attraversati da orientamenti nostalgici o revisionistici. Nondimeno le campagne sulla memoria e su questa specifica memoria, anche se utili, non hanno avuto l’effetto desiderato. L’ostilità verso chi è diverso, che tracima sovente nell’odio se non nella violenza, è estremamente diffusa. Porsi allora domande può stimolare ad assolvere in modo più efficace questa trasmissione di saperi e di emozioni.
Uno degli aspetti da riattraversare è la dicotomia fra Memoria e Storia, alla ricerca di una diversa alleanza. Paradossalmente nei giovani può sorgere l’impressione che la memoria sia una narrazione retorica che non corrisponde alla complessità dei fatti e al tempo stesso che la storia sia un’indagine minuziosa, utile per conoscere il passato, che non ha però legami con il presente. La storia della Shoah a quel punto è solo un altro capitolo del libro. Noi parliamo giustamente di Giorno della memoria perché abbiamo bisogno anche di una dimensione emotiva e, perché diventi, basandosi sulla storia, una narrazione convinta e condivisa, un vero argine perché l’orrore non si ripeta. La memoria è portatrice di giudizi, di valori, e ci orienta nel presente. La storia va nella stessa direzione, ma con un altro passo e diversa, complessa, metodologia. Ma una memoria senza storia, che non si alimenti e non si ridefinisca, suona come ideologia e retorica. La storia con la sua spietata analisi non evoca eroi o miti ma ci riporta piuttosto a persone, luoghi, fatti. Nella loro umanità e fragilità sono a noi più vicine, più accessibili anche alla memoria.
Inoltre, la memoria ha anche l’urgenza, di coniugarsi con i nuovi linguaggi, con i nuovi mezzi di comunicazione e, soprattutto, di indicare, nel tempo attuale, ricorrenze e similitudini, senza appiattirle, e illuminandole, illuminare sé stessa. La memoria della Shoah può infatti essere resa più comprensibile con riferimenti alle diverse ma comunque atroci discriminazioni e violazioni dei diritti umani del mondo attuale. Quell’odio, quel nazionalismo estremo, quell’idea di superiorità razziale che portarono al genocidio di un intero popolo, che costruirono l’orrore di Auschwitz, sono ancora vivi, anche se non si ripetono nelle stesse forme e non agitano uguali parole d’ordine. Se comprendiamo che, in modalità mutate, quel complesso di cose che ha generato lo sterminio, nel cuore dell’Europa, pochi decenni fa, è ancora vivo e operante, dentro e fuori di noi, il comando di Primo Levi «meditate che questo è stato», ci suonerà vivo e necessario, sempre, “stando in casa e andando per via, coricandoci e alzandoci.”

La pace può durare solo dove i diritti umani sono rispettati, dove il popolo non ha fame e dove individui e nazioni sono liberi”. Dalai Lama

Nella Dichiarazione del 1948 i diritti dell’uomo sono considerati come appartenenti all’uomo sin dalla sua nascita e dunque presentano un carattere naturale caratteristico dell’uomo in quanto tale, costituiscono un insieme di diritti che l’uomo possiede sin dalla sua nascita e che risultano inalienabili e universali.
I principali diritti contenuti in questa dichiarazione sono: il diritto alla vita, alla libertà e alla dignità umana; l’uguaglianza di fronte alla legge, la tutela di ognuno di fronte alle discriminazioni, libertà di pensiero di coscienza e di religione, nessuno può subire torture o essere ridotto in schiavitù.

I diritti umani erano, fino a questo momento, una certezza quasi intoccabile. Elementi dati per scontato nella nostra quotidianità.
Papa Francesco ha affermato: “Il mondo è attraversato da un crescente numero di conflitti che lentamente trasformano quella che ho più volte definito terza guerra mondiale a pezzi in un vero e proprio conflitto globale.” È inquietante, preoccupante… le parole del Papa ci appaiono non solo opportune ma dovrebbero illuminare il nostro animo alla ricerca di un’unica strada da percorrere: la pace!
Tuttavia, la “missione” di Putin e la guerra tra Israele e Hamas – così come tanti altri conflitti ai quali continuiamo ad assistere – ha messo in dubbio l’inattaccabilità di quello che la storia, negli ultimi 75 anni, ha sancito e siglato attraverso trattati, convenzioni e carte costituzionali. In questi giorni in cui riflettere è diventato d’obbligo, ci siamo posti alcune domande. La prima è: “può la sete di egemonia o qualsiasi altra ingiustificabile ragione travolgere i nostri diritti?” Chiaramente no. Forse perché diamo per scontato ciò che abbiamo, forse perché abbiamo dimenticato che abbiamo impiegato almeno un secolo di battaglie per ottenere la libertà di pensiero, il suffragio universale, il divorzio e gli esempi potrebbero continuare. Gli attacchi contro obiettivi protetti, come scuole e ospedali, l’uso di armi indiscriminate come i missili balistici e l’impiego di armi vietate come le bombe a grappolo sono crimini di guerra. Le violazioni del diritto appaiono in questo contesto fin troppo presenti. E lo sono anche le contraddizioni. Allo stato attuale si rischia perciò di attribuire un valore economico ai diritti umani, rendendoli intercambiabili con altri interessi in gioco. Una simile conclusione è ovviamente pericolosa, perché i diritti non hanno un prezzo, soprattutto quando a pagare è la libertà degli individui. È opportuno comprendere l’importanza di far sentire la propria voce nelle opportune sedi, sia istituzionali sia legali, perché anche le future generazioni possano condurre un’esistenza libera e dignitosa. Affinché l’uomo non dimentichi che la sua unica priorità è il rispetto della vita. Deve prevalere l’Umanità.

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Un pensiero su “Il 27 gennaio tra memoria e storia. Una riflessione di Sonia Zaccaria

  • Le riflessione sull’importanza del Giorno della Memoria di Sonia Zaccaria, docente di Storia, offrono una toccante riflessione sull’importanza della memoria, in particolare per quanto riguarda l’Olocausto, e sottolinea l’importanza continua di preservare e trasmettere la memoria storica per combattere l’indifferenza, l’intolleranza e l’odio. Sottolinea la necessità di integrare la memoria con la storia, utilizzando diversi metodi di comunicazione e tracciando paralleli tra le atrocità del passato e le violazioni contemporanee dei diritti umani. Nel complesso, sostiene un impegno costante nel sostenere i diritti umani e nel promuovere una cultura di pace e dignità per tutti gli individui e le nazioni.

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