Cattolici e laici uniti nella solidarietà. Ne parliamo con Pietro Riggi, parroco di Santa Croce.
Quando all’emergenza sanitaria si accompagna l’emergenza sociale, per molti nisseni l’andare avanti diventa difficile, come del resto accade in tutta Italia e nei Paesi colpiti dal Covid-19. Caltanissetta, però, affronta ormai da tempo una crisi dovuta alla mancanza di lavoro e di opportunità. In questa situazione, resa peggiore dalla pandemia, il territorio ha i suoi anticorpi nelle azioni solidali e le parrocchie diventano un appiglio cui aggrapparsi per far fronte ai problemi della quotidianità. Per saperne di più sullo scenario cittadino attuale, abbiamo intervistato Pietro Riggi, parroco di Santa Croce, zona Badia.
Qual è la situazione nella sua parrocchia?
«La situazione rispetto alla normalità è molto cambiata».
Quante persone, in questi giorni, si rivolgono a lei per avere un aiuto? Le persone che si rivolgono a lei sono quelle che soffrono da tempo i problemi dell’indigenza, oppure ne può contare anche di nuovi? Gente che prima lavorava e non aveva bisogno della parrocchia…
«Mentre prima venivano molti extracomunitari e noi davamo la spesa due volte la settimana, più il banco alimentare e più la spesa per qualche avventore, oltre la mensa del lunedì, adesso gli extracomunitari vengono molto di meno e in cambio vengono gli italiani, molti dei quali prima si vedevano raramente e diversi di essi non si erano mai fatti vedere prima. Ogni giorno arrivano a volte tre famiglie, a volte cinque, a volte due, e in orari diversi, secondo le loro esigenze e possibilità».
Cosa chiedono le persone, durante questa emergenza sanitaria? Ha un target preciso che le chiede aiuto? Più donne o uomini, giovani o anziani…
«Anzitutto chiedono i beni di prima necessità: pasta, sugo, olio di semi, riso, latte, biscotti, quello che si può avere per mangiare, ma chiedono anche prodotti per l’igiene personale, per la pulizia della casa, per lavare i piatti. La reazione alla situazione è logica, ormai i soldi non bastano più e gli aiuti tardano ad arrivare, intanto bisogna andare avanti e quindi si cercano anzitutto gli aiuti di prima necessità e poi… serve un po’ di tutto. Le Parrocchie diventano punti di riferimento per molte persone, molte delle quali non sono parrocchiani, anche perché si è più pratici, si prende subito e si va via. A soffrire questa situazione è tutta la famiglia, all’improvviso ha bussato alla loro porta la povertà ed è venuta a mancare quella poca sicurezza economica che si aveva.
Pensa di poter andare avanti da solo, in quest’opera di aiuto, o auspica anche lei un aiuto da parte delle istituzioni, per continuare a svolgere il suo operato in favore dei più deboli?
«Io colgo l’occasione per ringraziare i tanti laici che, sensibili ai problemi dei più poveri, sono venuti in parrocchia a portare il loro contributo, e con questo abbiamo potuto pagare beni come le bombole, le medicine e altro. Il Signore li possa benedire, io prego ogni giorno per loro e ringrazio il Signore che li manda. Davanti a certe sofferenze come quella che stiamo vivendo la logica religiosa è anche diversa dalla logica laica. La preghiera, non compresa dal mondo moderno, diventa per noi una grande potenza a rimedio delle calamità naturali, come ieri così anche oggi. Il ritorno a Dio, i piccoli fioretti, le processioni, il Santo Rosario… in una logica sconosciuta al mondo laico diventano la cura per una società malata. Questo diventa anche il mio auspicio, che di fronte a questi mali moderni, l’uomo, nel suo ritorno a Dio, possa essere guarito, risanato nel corpo e nello spirito e vivere in un mondo purificato dai veleni della società».