4 Novembre 2024
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«Sulla nostra barca, anche se sballottata, c’è Gesù»: così padre Alessandro affronta la pandemia.

Alessandro Giambra, parroco di San Pio X.

Anche a Caltanissetta continuano a susseguirsi le iniziative di solidarietà da parte di istituzioni, parrocchie, associazioni e privati, una mano d’aiuto indispensabile a vantaggio di chi non ha risorse per affrontare questi giorni di pandemia. Occorre fare rete per razionalizzare efficacemente gli aiuti destinati a tutte le persone che versano in disagio economico e le parole di Alessandro Giambra, parroco di San Pio X, fanno riflettere su questo aspetto importante della macchina della solidarietà messa in moto in questi giorni. Dalle parole di padre Alessandro, però, si evincono anche le difficoltà di chi lavora in nero e che, come gli altri, deve essere aiutato. Lo scenario tragico della pandemia non ammette che vi siano steccati tra le persone ma richiede un grande sforzo per aiutare tutti.

Qual è la prima cosa che balza agli occhi nella zona dove esercita il suo mandato, a San Pio X?

«Ogni giorno, con le suore, nella mensa di Gerico, prepariamo il cibo che i poveri vengono a ritirare già fatto, perchè tanti non hanno la bombola, più di cinquanta famiglie. Tanti che lavoravano in nero, oggi sono disoccupati e se prima non venivano, oggi chiedono spesa e soldi. Se portano bollette da pagare, dico loro di non pagarle».

Quali sono i beni più richiesti in questo periodo?

«Latte, pannolini, carne in scatola. Riusciamo a dare anche la frutta, che, grazie a Dio, ci manda qualche rivenditore del mercato generale ortofrutticolo. La provvidenza non si fa vincere in generosità».

Pensa di poter andare avanti da solo o le occorre un aiuto da parte delle istituzioni, per continuare ad aiutare i più deboli dal punto di vista economico e sociale? Quali sono i problemi che le persone del suo quartiere soffrono di più? Ha un target specifico di persone che le chiedono aiuto?

«La Caritas e le Acli ci aiutano. Tanti anziani sono soli ma vengono aiutati dalle Vincenziane. Io visito gli ammalati e porto la comunione, anche se i miei familiari sono preoccupati per mia madre, che è anziana e vive con me. Il dolore più grande è per alcuni parrocchiani che sono morti senza funerale in chiesa. I migranti nigeriani e tante famiglie di pakistani vengono aiutati dalle nostre suore missionarie. Prima venivano più donne, ora vengono anche gli uomini. Spero che si possa fare rete con le istituzioni, per aiutare più famiglie. Sono molto preoccupato anche per il futuro, ma chi confida nel Signore non sarà deluso. La preghiera insieme all’aiuto di tanti amici mi rendono forte, perché sulla nostra barca, anche se sballottata, c’è Gesù».

 

 

 

 

 

 

 

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