27 Luglio 2024
Citta' visibili

Pubblico numeroso ed eterogeneo all’incontro organizzato da FuturaLab

La capra girgentana ha le corna ‘nturciuniate’, come ‘nturciuniata’ è la situazione di Campobello di Licata, paese dell’agrigentino che conta poco più di novemila abitanti. Campobello è uno dei paesi di quel Sud stretto nella morsa della crisi economica e occupazionale. Una delle tante zone dalla quale i giovani fuggono non sempre per libera scelta, pensando di costruire una vita migliore.
Ma Giuseppe Gatì era testardo e non accettava l’idea di abbandonare il suo paese natìo. Preferiva piuttosto pascere le capre girgentane e produrre formaggi, facendosi carico dei problemi del luogo in cui era nato e cresciuto. Diventato famoso, nel 2008, per avere affrontato l’allora sindaco di Salemi Vittorio Sgarbi in merito al magistrato Caselli e al pool antimafia, Giuseppe è morto l’anno dopo, a ventidue anni, per un incidente sul lavoro. “Questa è la mia terra e io la difendo” è la sua frase celebre, quella che più di altre riassume il senso del suo impegno. Oggi Carmelo Traina ha raccolto il testimone di quelle lotte e ne spiega le ragioni a Caltanissetta, nell’ambito dell’incontro organizzato da FuturaLab sul diritto di restare. Carmelo presiede l’associazione intitolata appunto “Questa è la mia terra e io la difendo” e il centro studi dedicato proprio a Giuseppe Gatì. Entrambe le realtà promuovono un festival sul diritto a restare che è un vero e proprio evento per Campobello, un’occasione alla quale partecipano anche persone che vengono da fuori.
L’incontro, il terzo organizzato da FuturaLab su temi che interessano la cittadinanza, ha anche registrato gli interventi di Elena Militello (fondatrice e presidente di South Working – Lavorare al Sud) e Marco Riggi (Molini Riggi Fratelli Srl). Al civico 73 della via Redentore, luogo in cui si è svolta l’iniziativa, erano presenti molti giovani. Un numeroso pubblico, eterogeneo e diversificato anche dal punto di vista politico, ha dimostrato quanto Caltanissetta avverta l’esodo giovanile come un problema.
Diversi giorni fa abbiamo sentito alcune voci su questo tema e a proposito del “che fare” per impedire questa fuga o per renderla comunque una libera scelta, Maria Rosa, insegnante in pensione, rispondeva così: «Non vedo come si possa risollevare questa città che, dalla chiusura delle miniere, non ha saputo trovare strade alternative di sviluppo e ha perso pezzo dopo pezzo caratteristiche culturali, economiche e perfino la sua identità». E forse è proprio da questo punto che si dovrebbe ripartire: quale strada alternativa di sviluppo per Caltanissetta? In una provincia che si colloca al penultimo posto per qualità della vita (classifica annuale del Sole 24Ore), l’incontro organizzato da FuturaLab rilancia un interrogativo importante: è possibile rigenerare i luoghi di appartenenza? Quale strategia economica può indurre a ri-abitare una provincia come la nostra? Altrimenti, in mancanza di strategie di sviluppo resterà solo chi ha un’attività di famiglia, tanto coraggio o appoggi sui quali contare.

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